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sua morte una copiosa raccolta di belle opere pittoresche. Attese quindi il Bertelli a copia re quanti quadri del cavalier Tempesta gli fu possibile di rinvenire, e studiò pur molto anche gli animali del Berchem, ed alcune stampe del Piazzetta; ma più d'ogni altra cosa gli piacque consultare la natura scorrendo le nostre montagne, che ad ogni passo presentano sempre varie e sempre belle vedute. Vago di copiare la natura medesima in qualunque aspetto ella si offerisca allo sguardo in genere di paesaggio portossi il nostro Bertelli a Genova, dove contrasse stretta amicizia col gran dipintore di marine Vernet, e dove lo spetta colo del mare e di un porto frequentatissimo da navigli d'ogni sorta porse alla sua fantasia un pascolo delizioso, ed al suo pennello una fortunata occupazione. Trasferitosi dopo due anni di dimora in Genova nella città di Milano, ottenne la benevolenza del Cardinale Arcivescovo Pozzobonelli, e studiando nella arcivescovile galleria restò sì altamente penetrato dai dipinti del paesista Dietrich, che nell'operare egli non volle più altra guida, nè più consultare altre opere fuorchè quelle di questo gran pro fessore. Consigliato per oggetto di ristabilirsi in salute di ritornare all'aria nativa, lasciò con infinito dispiacere la città di Milano ove godeva di una non mediocre riputazione, e fece a

Brescia ritorno dove non era per anco il suo valor conosciuto. La salubrità dell' aria in fatti, la medica cura, le piacevoli distrazioni e il riposo ben presto lo rinfrancarono, e lo posero in grado di trattare nuovamente ancora per diciotto anni il pennello, ma non però a segno ch'egli potesse effettuare alcun altro viaggio come avea divisato. Avvenne l' immatura sua morte nel 1776 nell'età sua d' anni cinquanta. Non ricusava egli il premio de' suoi dipinti, ma non mai volle sagrificare la gloria all' ingordigia di un vile guadagno. La troppa sua diligenza fa trasparire nelle opere di lui qualche secchezza talvolta e timidità di pennello, ma il grazioso disegno accompagnato da vigoroso colorito, la magia del chiaroscuro, la sua felicità nelle arie lucide e trasparenti, e nelle acque stagnanti e tranquille, i suoi lontani ottimamente degradati, e le sue notti a maraviglia caratterizzate gli hanno per sempre assi curato il titolo di grande e laudabile originale. Il conte Aimo Maggi, suo discepolo nella pittu ra, scrisse con purità e grazia le memorie della sua vita pubblicate colle stampe Pasini in 8.° l'anno 1794 ·

BOCCHI FAUSTINO, discepolo di Angelo Everardi, detto il Fiamminghino, diedesi alla capricciosa particolarità di rappresentare con

maestro pennello, le battaglie, le lotte, i giuochi, i balli, i conviti, e i trionfi de' pigmei. Le gallerie de' primi Principi gareggiarono ad ornarsi de' suoi lavori. In quella di Firenze ammirasi in una vasta tela chimerizzato in proposito di gente pigmea quanto può mai sognare di più bizzarro la più fervida fantasia. Due altre sue opere sul nero paragone eseguite, e con tutta maestria e delicatezza perfezionate non invidiano il pregio delle Olandesi tessiture di simil sorta. Esprime il Bocchi sì maravigliosamente gli affetti, e così al vivo sa porre sott'occhio i varj accidenti de' suoi omettoli che induce lo spettatore con occulto potere a compassionare chi piange, ad applaudire a chi trionfa, a desiderare di porgere ajuto a chi si sforza di compiere un' opera, e mostra crucciarsi di non potere, e a rallegrarsi finalmente delle loro gioje mettendosi per così dire in ballo con essi. Belli pure e pregiati sono i paesaggi e i volatili, che aggiungono ornamento a' suoi quadri. Viveva ancora nel 1718. Averoldi pag. 253, Fuga pag. 344. Lanzi part. I pag. 197.

BOLDO DIONISIO fu eccellente e raro nella delicatezza delle miniature ad acquerella. Se egli si fosse compiaciuto di questo trattenimento più che dell'architettura, avrebbe equi

parato il celebre Don Giulio Clovio. Fioriva nel 1604. Cozzando pag. 105.

BONA TOMMASO. La sua casa in Brescia era presso ai Miracoli. Fiorì dopo la metà del secolo XVI con onorata fama di buon pittore. Le quattro piccole tele, che a' tempi dell' Averoldi stavano incastrate nel muro, due per parte di qua e di là delle cantorie nella chiesa de' santi Faustino e Giovita, nelle quali con figure assai piccole si esprimevano le quattro sorta di tormenti sostenuti da' santi martiri anzidetti in Brescia, in Milano, in Romá ed in Napoli, per testimonianza di Bernardino Faino scrittore della vita degli accennati santi fratelli erano del Bona, e toccavano la perfezione. Il quadro dell' Annunziata in santa Maria Maddalena corrispondeva esso pure agli elogi, che il Cozzando e l' Averoldi hanno fatto del suo pennello, avendo egli nel patrio stile inserito non dubbie tracce del caraccesco. Dipinse parimenti di compagnia con Pietro Marone nel 1577 la nave di mezzo dell'antica chiesa di san Pietro, che era ove pre sentemente sorge a compimento il nuovo Duomo, e la sala del consiglio nel palazzo della Loggia, come rilevasi da scrittura 18 Luglio 1588. Averoldi pag. 29, 124, Cozzando pag. 127,

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Zamboni pag. 91, 119, Fuga pag. 1206, Lanzi part. I pag. 189.

BONARDO ANTONIO. Sant' Orsola con numerosa compagnia di vergini nella chiesa de' Teatini è l'unica tela che qui di sua mano si vegga, la quale non invoglia gli amatori ad indagarne dell' altre.

BONVICINO ALESSANDRO, figlio probabilmente di Pietro o di Jacopo Bonvicini ambi pittori, assai conosciuto col soprannome di Moretto, nacque per comune opinione in Rovato, terra gentile del Bresciano territorio, non già l'anno 1514, ma verso la fine del secolo XV, giacchè trovasi, che nel 1516 insieme con Fioravante Ferramola dipingeva le vecchie imposte dell'organo del Duomo vecchio. Fu primieramente discepolo di Tiziano, del quale fino al 1532 seguì la maniera, come si può riscontrare dal quadro di san Nicolò ne' Miracoli da lui dipinto in tal anno, dove il tutto insieme, e singolarmente alcuni fanciullini sono del miglior conio tizianesco. Invaghitosi quindi di Raffaello di Urbino per qualche pittura e per le stampe che ne aveva vedute, cangia, ta maniera, e divenuto autore di uno stile, che nel suo tutto si può dir nuovo, giunse a distinguersi in guisa colle naturalissime sue

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